Camillo Lastrade, commissario in pensione, vive in un condominio come tanti in una grande città del Nord. "Uomo senza amici, straniero nel mondo, apolide dell'universo", Lastrade, in una sera di pioggia, si imbatte in un gatto randagio, affamato e impegnato ad aprire un involto vicino al cassonetto della spazzatura. Magro, tutto bagnato, il gatto gli ispira una gran pena e decide di portarlo a casa con sé. Solo il commissario, solo il gatto, che chiamerà Momo come un pupazzo con cui aveva a lungo giocato da bambino, si specchiano l'uno nell'altro: due solitudini che, dopo essersi incontrate e riconosciute, si confortano e si sostengono. Nel palazzo c'è un altro gatto, Anubi, che vive con una giovane signora di origine egiziana, Nadia, tanto bella quanto misteriosa. Facilitata dall'essere entrambi proprietari di gatti, fra i due nasce una conturbante amicizia, fatta di conversazioni sulla storia dell'antico Egitto, sul ruolo dei gatti in quella mitica società, sul fascino dei misteri irrisolti. Quando Anubi viene trovato morto nell'androne del condominio ed è evidente che è stato ucciso, in Camillo Lastrade si risveglia forte lo spirito dell'investigatore. Vi sono diversi indiziati: il portiere, il professore del pianterreno, qualche ragazzaccio. Il caso non è semplice e c'è chi fa di tutto per confondere le carte. Lastrade ha la sensazione di essere stato ingannevolmente condotto in un labirinto di specchi, impossibile e infinito, e di essersi perso. Ma non per sempre.
Giorgio Celli, Il condominio dei gatti, Piemme 2003
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