mercoledì 16 settembre 2020

Berta Isla, di Javier Marias

Berta Isla e Tomàs Nevinson, si conoscono e si innamorano sui banchi di scuola, a Madrid. Si sposano nel 1974, dopo avere concluso gli studi universitari, Berta in patria, Tomàs, di padre inglese, a Oxford. Il giovane uomo ha la dote straordinaria, non solo di essere perfettamente bilingue, ma anche di saper facilissimamente apprendere e praticare terze e quarte lingue, dote a cui unisce quella di imitare parlate, cadenze e accenti altrui. Risulta simpatico, popolare, ogni strada si apre davanti a lui, ogni carriera gli sorride. Abbandona dunque la carriera universitaria, Tomàs, e opta per quella diplomatica. Apparentemente, almeno. Il lavoro lo porta lontano da casa per lungo tempo. Berta, un poco per rispetto, un poco per aver privilegiato nei suoi rapporti col marito la dimensione amorosa e quella domestica, con il passare del tempo vede ampliarsi l'aura di mistero che avvolge Tomàs, vede prolungarsi i tempi dei suoi viaggi di lavoro che, dalla durata media di uno o due mesi, passano infine a quella di anni. Fin dall'inizio del romanzo siamo avvertiti del mistero e della tensione che esso cela. Scrive Marias che Berta “per molto tempo non avrebbe saputo dire se suo marito era suo marito”. “Certo che ero un altro, ma ero sempre io”, le risponde verso il finale delle 478 avvincenti pagine Tomàs, coinvolto suo malgrado in una storia più grande di lui e più forte di ogni sua libera scelta. L'uomo, infatti, nota Marias nelle ultime righe del romanzo ''appartiene a quel tipo di persone che non sono protagoniste neppure della propria storia, una storia che altri hanno sconvolto fin dal principio''.

Le vicende dei due protagonisti si svolgono sul vasto palcoscenico del mondo, sul quale vediamo scorrere emancipazione giovanile, guerre calde e fredde, utopie di popoli e meschini calcoli di governi. Lettura avvincente, aperta alla conoscenza e alla meditazione.



 

 

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