domenica 22 marzo 2020

VIRUS, poesie di Eleonora Bellini


VIRUS 1
Poesia estremamente sgradevole
 
Non fu una cosa grande, un incommensurabile
volume, un ponte che crolla, un meteorite,
nemmeno una guerra (le guerre sono tante,
ci sarebbe solo da scegliere per quale
provare pena o sdegno) a fermarci, ma l'essere
più piccolo a noi noto. Un virus, uno dei tanti,
ma ancora sconosciuto. Un imprevisto (ma invisibile)
sul palco, a scena aperta. Come si reagisce
all'invisibile? Come in ogni questione di coscienza,
ciascuno ha il modo suo: uno deplora,
l'altro condanna, l'altra ha cieca fede, le vecchie
signore disertano le opere di assistenza
ai bisognosi, i pensionati non presidiano
i cantieri, le ragazze e i ragazzi si ubriacano
perchè "l'alcol, è noto, disinfetta". Le poete
e i poeti poetano, questi sfaccendati. D'altra
parte la stagione è propizia: primavera. La prima
margherita, la seconda farfalla, il terzo
narciso, le sette note degli uccelli e così via.
Il virus intanto, l'inscalfibile, di poesia
certo non si cura e guadagna territorio.
Ci ricorda che anche i bambini vorrebbero spazi
da conquistare, ora che tutti più che mai si occupano
delle loro occupazioni. "Non c'è scuola,
ma non è vacanza!", quindi affacendiamoli
con lezioni a distanza, favole al cellulare
(chissà mai che le potenti onde radio
si friggano anche il virus), l'importante
è poterli affidare all'onnivoro mago del virtuale,
il diversamente virus. Che fare dunque
al cospetto all'invisibile? Non ci sono
consigli validi per tutti, quaggiù il mondo
è piccolo, la vista corta, l'udito falsato dal frastuono
e il nemico non ci viene incontro con falangi
ben equipaggiate, ma sguazza fin dentro
il nostro sangue. Non innalza vessilli
e non stila cataloghi di salvezza. Esiste.
E noi allora che faremo? Saremo sconfitti,
vinceremo? Ciascuno custodisce in sè
la sua risposta e a tutti è data una certezza:
siamo una specie sulla terra, una specie
non eterna.


 
VIRUS 2
Beni non essenziali
Quando il pestilente HUB spense le luci,
il traffico fu ridotto all'essenziale e un poco
dell'essere cominciò a vedersi grattando
via la crosta all'apparire
e le polveri fuggirono dall'aria come stormi
di uccelli dallo schioppo, i bambini
compresero che era iniziata, chissà come,
una vacanza. I nomi dei giorni non contavano
e la carta dei quaderni stava per finire
e così l'inchiostro delle stampanti, i fogli
sciolti e forse anche le penne e le matite.
(Beni non essenziali, e certo non
commestibili).
E se fossero serviti per giocare? Nacque
così la nobile schiera dei ritagli, barchette
e areoplanini, pupazzi e pezzettini, case
di bambole, maschere e farfalle, giochi
di pensiero. Si rimpicciolì la stanza, dispiegò
le ali e i colori l'orizzonte.





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