sabato 11 febbraio 2017

Le strade di polvere, di Rosetta Loy

Il Piemonte contadino, dalla fine del Settecento ai primi anni dell'Unità d'Italia, vive, palpita, soffre e gioisce in questo romanzo che narra un'epopea lenta e umile, tutta vissuta attorno alla grande casa fatta costruire dal Grand Masten, un particulare "che aveva terra di suo, buoi, mucche, galline e conigli e tante moggia da avere bisogno di altre braccia". Due figli ha il Gran Masten, Pietro e Giuseppe. Muore giovane quest'ultimo e sua moglie Maria, bruna e bella, sposa in seconde nozze il fratello, Pietro detto Sacarlott. Questi, solido e massiccio, è uomo concreto, legato alla terra e ai suoi possedimenti. Attorno a lui, di poche parole e tuttavia dominante, ruota tutta la famiglia, i cinque figli, la moglie, la cognata. Di tutti conosciamo desideri, patimenti, amori, speranze, partenze, lungo le strade di polvere dei soldati in guerra e quelle degli amori clandestini. Assistiamo a nascite e morti che si snodano in un tempo del quotidiano che, pur attraverso le stagioni e il lavoro consueto, sembrerebbe sempre uguale se non fosse per i moti del cuore e l'ardire del pensiero dei protagonisti. Seguiamo quindi Gavriel che parte la notte a cavallo per raggiungere l'amata, ormai sposa di un altro, e Luìs che torna cambiato, ma non fiaccato, dalla guerra; parteggiamo poi per Pietro Giuseppe, figlio di primo letto di Luìs (eh sì, quante giovani spose morivano allora!) che vuole lasciare la campagna per avviarsi al mondo degli studi. Ci commuovono le fanciulle che frugano alla ricerca di nastri in fondo ai cassetti e si animano di speranze, di sogni e di languore alle musiche dei balli estivi sull'aia. Mentre, giunti all'ultima pagina, triste e pensoso ci è l'incontro con i due fratelli, Gavriel e Luìs. Ormai vecchi e soli, trascorrono le serate accanto al fuoco, nella casa orfana delle presenze e delle voci che un tempo l'avevano animata, e che ora scricchiola "come un vascello in rada".


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