Ha il volto umano e lo sguardo
beffardo la scimmia del dipinto settecentesco di Francesco Malagoli, “La
scimmia che ride”, quadro di piccole dimensioni e di valore non eccezionale, ma
importantissimo nel più recente romanzo di Loriano Macchiavelli, L’ironia della scimmia. Il dipinto, si
narra, fu nello studio di Mussolini prigioniero al Gran Sasso e il dittatore vi
nascose il proprio testamento. E’ naturale, dunque, che alla scimmia che ride si interessino servizi segreti italiani,
inglesi, agenti della CIA deviati estremamente crudeli e violenti, perché non è
interesse dei potenti, né allora, né oggi, “divulgare segreti politici della
Seconda Guerra Mondiale; rendere pubblici i vergognosi traffici di chi ha
sconvolto l’Umanità…” Abbiamo qui a che
fare con una nuova indagine per Sarti Antonio, il questurino bolognese
tormentato dalla colite ed amante del buon caffè. Si tratta di un’indagine più
ardua del solito, che lo condurrà sino a L’Aquila ed ai suoi monti e che lo
metterà di fronte ad un intreccio delittuoso particolarmente intricato: dal “semplice”
furto di auto e di opere d’arte, all’omicidio, alla strage, al sospetto di
terrorismo internazionale. Sarti Antonio è un uomo onesto, ma non è un eroe;
brilla più per memoria che per intelligenza; non ama le armi, né rischiare la
pelle. Gli costerà molto, addirittura la subordinazione temporanea al tenente Castillo
dell’Arma dei carabinieri, fare un poco di luce sull’intrico tra intrighi del
passato e crimini del presente nel quale si trova invischiato: realtà tragiche
ed oscure, fantasie indagatrici ma impotenti.
Loriano Machiavelli, L'ironia della scimmia, Mondadori 2013.
Loriano Machiavelli, L'ironia della scimmia, Mondadori 2013.
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