lunedì 12 agosto 2013

Ingens Sylva, di Enzo Paci

Ingens Sylva è un'opera esemplare di Enzo Paci (1911- 1978), una delle maggiori personalità della nostra filosofia del Novecento. Vi sono esaminate la biografia e l'opera di Giambattista Vico, a partire dal rapporto tra "l'esistenza e l'opera", argomento del primo capitolo: "la vita di G. B. Vico - afferma Paci - avrebbe potuto offrire il contenuto e la materia ad un romanzo di Thomas Mann, scrittore che certamente avrebbe visto, nella malattia e nel carattere di Vico, il segno del suo destino di uomo dello spirito" (p. 3). Nella vita del filosofo napoletano, sostiene Paci, "sono in lotta due opposti motivi, un motivo pessimistico ed uno ottimistico [...], due opposte tendenze che si esprimono in forma dualistica tra finitezza umana, "bestialità", e valore dell'opera, "eroicità" dell'uomo. La prima espressione di tale crisi è presente nella "lucreziana" canzone giovanile del Vico, Affetti di un disperato. Le "aspre selve, solinghe, orride e meste" di Vatolla, nel Cilento, paese in cui il filosofo soggiornò come precettore per ben nove anni, vengono contrapposte nella canzone ad una chiesetta, umile e modesta, ma inconfondibile "segno di civiltà". Sono gli anni della crisi religiosa ed esistenziale del Vico, anni che segnano la nascita e l'indirizzo del suo pensiero, profondamente "nuovo" ed originale, non ignaro né dei grandi dell'antichità né del nuovo pensiero scientifico che si andava affermando (Gassendi).
Segue l'analisi delle opere successive del Vico, sempre alla luce di questo dualismo. E' una lettura, quella di Paci, che si differenzia di molto dalle letture idealistiche dell'opera vichiana allora dominanti. L'interesse di Paci per Vico, infatti, è contemporaneo al suo approfondito confronto con Croce sul tema del "vitale".
"... in Vico è possibile ritrovare una vera e propria metodologia della storia" conclude Paci "che coincide con la sua filosofia e nella quale viene risolto il problema del rapporto tra filologia e filosofia" (philologia atque philosophia geminae ortae). La sintesi dialettica "natura-spirito" è resa possibile secondo Vico dal mito, dalla fantasia, dall'immagine che l'uomo "crea" e con la quale comprende il passato e lo proietta nel futuro: l'uomo è il medium tra natura e storia, tra bestialità e spirito.  
Detto in soldoni: Vico considera approfonditamente la "verità" delle visioni filosofiche di Epicuro, di Lucrezio, le ricerche e le affermazioni della scienza nascente all'età sua. Quando i "bestioni" avvertono l'esistenza di sé e del mondo fuori di sé, nasce il mito, l'uomo "rappresenta la trascendenza nella verità del senso", crea i propri dei e nasce il cammino che rende possibile la sintesi della civiltà: a partire dal senso, attraverso l'immagine, l'arcano si traforma in ragione spiegata.

Enzo Paci, Ingens Sylva, Bompiani 1994, con Introduzione di Vincenzo Vitiello

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