venerdì 22 gennaio 2021

I Cariolanti, di Sacha Naspini

Maremma toscana, 1918. Aldo è un disertore della Prima guerra mondiale, che, per non farsi trovare e punire, scava una buca sotterranea in mezzo a un bosco. E lì vive con la moglie e il figlio Bastiano di nove anni. La fame, una fame atroce e crudele, è la compagna di ogni giorno e, quando Aldo torna a mani vuote dalle incursioni clandestine che compie all'esterno per cacciare, non resta che scavare la terra umida per cercare qualche verme, una radice oppure vincere la ripugnanza e mangiare carne umana. Buio e paura per Bastiano, perché se non mangia tutto ''poi arrivano i Cariolanti, un uomo e una donna sporchi di sangue e di terra'' e ''se a cena qualche ragazzino viziato non mangia tutto, di notte arrivano loro, ti prendono e ti portano via per mangiarti vivo nella loro tana''. La guerra finisce e la famiglia si trasferisce a vivere in una casupola fuori paese, non nascosta stavolta, ma comunque emarginata e guardata con diffidenza dai compaesani. Il padre e Bastiano lavorano e la madre trascina le sue giornate priva di forza, malata nel corpo e nell'animo. Bastiano è diventato un ragazzo molto bello, ma conserva nel suo agire tratti selvatici e quasi ferini, quelli da cui è stato segnato durante il tempo oscuro e sotterraneo dell'infanzia, osserva attorno persone e cose, non parla quasi mai. Si trova a suo agio tra boschi e animali, impacciato in paese e tra la gente. Quando conosce Sara, una sedicenne figlia dei suoi datori di lavoro costretta alla semi immobilità avendo una gamba più corta dell'altra, con lei potrebbe sperimentare l'amore, ma, dopo averla trascinata in una remota grotta del bosco dove trovare insieme un poco di intimità, finisce per ucciderla.

È Bastiano che narra in prima persona le vicende della sua vita, una vita che non conosce il confine tra il bene e il male, nemmeno quando si affida alle suppliche alla Madonna, tanto superstiziose e ingenue quanto amorali, ripetendo meccanicamente un rito appreso dalla mamma da bambino. Capace di turbarsi per la morte di un animale, Bastiano si rivela assolutamente indifferente alle sofferenze dei suoi simili, che non esita a sopprimere ogni volta che li ritiene una minaccia per sé o per vendicare a suo modo le ingiustizie subite da bambino. Carcerato, arruolato nella legione straniera, rinchiuso in un campo di concentramento, Bastiano se la caverà sempre grazie al suo istinto di sopravvivenza, quasi un sesto senso di animale avvezzo alla fuga, non scevro da crudeltà e privo di ogni rimorso. La lettura del romanzo avvince, travolge e non abbandona il lettore, trascinandolo dentro il vortice e il ritmo incalzante con il quale si sdipana la vita di Bastiano, col suo corteo di morti muti, al di fuori di ogni contratto sociale e di ogni senso della giustizia. Bastiano è sia vittima, per le condizioni della sua nascita, che giustiziere e vendicatore in un crescendo di crudeltà cieca che non risparmierà nemmeno chi non gli ha fatto nulla di male, come la ritrovata ignara sorella ''ceduta'' dai genitori a una famiglia benestante e colpevole soltanto di non avere fatto, come lui, la fame. La voce di Bastiano che racconta di sé, dei luoghi in cui è vissuto, delle persone che ha incontrato rende concreta e reale l'atmosfera di profonda e ferina ignoranza nella quale incredibilmente vissero gli emarginati di alcune zone rurali tra le due guerre del secolo scorso. Atmosfera che preferiremmo potesse essere solo frutto delle fantasie più cruente e paurose delle storie d'invenzione da raccontarsi prima di notte, davanti al camino.




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