Aeham
Ahmad è
un musicista nato nel 1988 a Damasco e, prima di riuscire ad emigrare
felicemente in Germania, ha vissuto sempre nel campo di Yarmouk,
campo destinato ad ospitare la minoranza palestinese in Siria. Come
tutti coloro che fin dalla nascita vivono in una data situazione, il
campo costituì
per Aeham la normalità
di una condizione di vita per lunghi anni. Il suo nonno era uno dei
settecentomila palestinesi che nel 1948 vennero cacciati dalla
loro patria dagli israeliani e, convinto che l'esilio sarebbe
durato poco, aveva abbandonato tutti i suoi bene in Palestina. In
Siria si ritrovò
in condizione di grave povertà,
tanto che il suo bambino di otto anni, che sarebbe poi stato il padre del nostro
Aeham, non avendo potuto trovare cure adeguate per un virus che gli
aveva colpito gli occhi, rimase cieco. Successivamente, per un
fortunato caso, alcune infermiere, impegnate in una campagna di
vaccini, favorirono l'ingresso del bambino in una scuola per non
vedenti, nella quale, fra l'altro, egli imparò
la musica, divenendo un bravo violinista. Con questo valoroso padre
musicista, la mamma insegnante elementare di musica e il fratellino
Ala, Aeham visse la sua infanzia nel campo, sorto nel 1954, tra i
giochi con gli amici e lo studio del pianoforte, fortemente voluto da
suo padre e, nei primi anni, per lui, bambino amante dei giochi, del
movimento e delle corse come tutti i bambini, faticosissimo, perfino
noioso. Un'infanzia difficile, diremmo noi, un triste destino. E
invece, scrive il nostro autore:
''E' incredibile. Ogni volta che ripenso alla mia infanzia c'è
sempre il sole. Non ricordo un solo giorno di pioggia. Ricordo il
profumo del gelsomino, l'odore della saponetta all'olio di oliva con
cui mi lavavo la faccia ogni mattino''. La Siria era ancora in pace a
quei tempi. Poi giunsero la guerra e la distruzione, la paura e la
ricerca di salvezza. Come protestare contro la guerra, come salvare
un briciolo di umanità
nel quartiere distrutto, come consolare i morti e i loro familiari,
sopravvissuti nel corpo ma annientati
nell'anima, come preservare l'innocenza nei bambini?
Con la musica e con il canto, decidono Aeham e i suoi amici. Così il
pianoforte esce nelle strade bombardate e sulle rovine si innalza la
musica, protesta e lenitivo insieme.
Molti
tentano di mettersi in salvo per raggiungere l'Europa e anche il nostro
pianista affronta il viaggio, lungo e pericoloso. Dapprima via terra,
poi attraverso il Mediterraneo, tra insidie e inganni, respingimenti,
fino al superamento dei pericoli della rotta balcanica e del gioco
del Caso, che sceglie le sue vittime, o le risparmia, con cecità
assoluta. Come accade sempre nella Natura e nella Storia e come noi
fatichiamo a credere. La storia di Aeham, narrata in prima persona,
ha colpito molti in tutto il mondo, ma non abbastanza. La sua musica
si ascolta facilmente su you tube e ha commosso molti, ma non
abbastanza. per questo, vi proponiamo qui il brano I forgot my name, di tragica bellezza, di grande dolore ma anche di esemplare compostezza (potete ascoltarlo cliccando sul titolo). Vi invitiamo, inoltre,,
quando sentite i media o i cinici agitatori delle folle riferire i
casi dei migranti in balia delle onde del mare o del gelo dei monti
in termini di numeri (40 sbarcati, 100 annegati, 10 assiderati) a
ricordare che si tratta di persone, con le loro storie i loro affetti
e i lori talenti, e a riflettere sul fatto che non sappiamo quanti
artisti, scrittori, musicisti o anche quanti maestri, infermieri,
ingegneri, interpreti, madri, padri, fratelli e sorelle giacciano
negli abissi del Mediterraneo o nelle foreste dell'Est. Vi invitiamo inoltre a riflettere sulla storia di alcune regioni del nostro mondo e su quanto le radici di alcune drammatiche condizioni odierne, che causano povertà', migrazioni, esodi, conflitti, vengano da lontano e quanto l'Occidente, il nostro Occidente, ne sia coinvolto Nessuno di noi può chiamarsi fuori, nessuno può ritenersi indenne e
lontano dalla tragedia, nessuno può dirsi totalmente innocente.
Aheam Ahmad, Il pianista di Yarmouk, La nave di Teseo 2018, traduzione di Lucia Ferrantini
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