martedì 6 novembre 2018

Suburra, di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo

La suburra nella Roma antica era il quartiere abitato dal sottoproletariato urbano che viveva in condizioni miserabili. Era il quartiere nel quale le virtù erano quasi totalmente sconosciute e imperavano povertà, violenza, amoralità. Suburra, titolo evocativo più di ogni altro, è nel nostro caso il romanzo della Roma dell'anno 2011, tra fantasia e, purtroppo, molta realtà. Sono gli anni della banda della Magliana, quando allo stesso tavolo degli affari illegali sedevano, senza scrupolo alcuno, politici corrotti, prostitute, criminali della nuova e dell'antica mafia, alti prelati vaticani, speaker radiofonici e giornalisti al soldo del potere, carabinieri e magistrati sensibili al denaro e per questo corrotti e corruttibili. Coordinatore e sovrano tra tutti è il Samurai, esponente della vecchia destra fascista e violenta, sedicente uomo del destino, imperturbabile e crudele ma di raffinata intelligenza, capace di tirare i fili di una massa criminale informe, incline alla violenza e al delitto, anche quando "non necessario". Suburra è sicuramente un romanzo, ma profondamente radicato nella realtà, che appare irrimediabilmente corrotta, in una capitale di splendida bellezza, offuscata e annerita dall'abitudine al delitto pubblico e privato. Leggiamo e vediamo una Roma notturna, grigia, volgare nelle periferie nate dalla speculazione più intensa e non doma. Non tutti però sono malvagi, vi sono anche i buoni: servitori dello stato fedeli, coraggiosi e intelligenti, idealisti un po' sprovveduti, ingenua gente perbene. Costoro, nel finale provvisoriamente ristabiliscono un equilibrio, esorcizzano il (troppo) male. Anche se l'operazione di riciclaggio ai vertici degli esponenti politici, in costante e inossidabile accordo con le camaleontiche gerarchie vaticane, non fanno sperare in un orizzonte definitivamente sgombro dalla menzogna, dalla corruzione e dal male. E nel lettore rimane l'inquietante sensazione che la suburra sia, ancora e sempre, più diffusa e radicata di quanto si vorrebbe far credere e che la redenzione sia, se non impossibile, lontana.

I. Mitoraj, Ikaro. Dalla copertina del libro

    C. Bonini, G. De Cataldo, Suburra, Einaudi 2013

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