domenica 10 gennaio 2010

Accabadora, di Michela Murgia

"- Anche io avevo la mia parte da fare, e l'ho fatta.
- E quale parte era?
- L'ultima. Io sono stata l'ultima madre che alcuni hanno visto."
Così Bonaria Urrai, l'accabadora, colei che, in un vilaggio della Sardegna, dà la morte misericordiosa ai malati senza speranza. Lo fa con il loro consenso, talvolta, quando sono in grado di chiedere, e sempre con quello della famiglia. Perché, come per nascere è necessario l'aiuto di qualcuno, anche per morire talvolta è necessaria una mano che aiuti. Un'ultima madre, un'ultima levatrice, così definsce se stessa Bonaria, donna sola. Già anziana adotta una bimba, Maria, la "figlia d'anima", alla quale assicura vitto sufficiente, buona istruzione, affetto riservato ma profondo. Eppure Maria, quando verrà a conoscere il segreto dell'accabadora, non lo accetterà e si allontanerà da lei e dal paese con dura determinazione. La vedremo così istitutrice a Torino, in una casa molto diversa da quelle delle sue origini, alle prese con la difficile educazione di una bimba e di un ragazzo dell'alta borghesia. E lì Maria avrà una caduta, commetterà un errore, grave, tanto da perdere il posto. Il finale del libro ricomporrà, ma solo in parte, fratture ed errori, all'insegna del ritorno da una lontananza che forse non era mai stata.

Michela Murgia, Accabadora, Einaudi Editore 2009

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