venerdì 17 novembre 2023

Mai più Vajont 1963/2023, di Paolo Di Stefano e Riccardo Iacona

"Sessant'anni fa un'enorme frana di 270 milioni di metri cubi di roccia e terra precipitò dal Monte Toc nel bacino della diga del Vajont, una delle più alte del mondo: nel cadere dentro l'invaso artificiale, la frana sollevò un'onda che scavalcò la diga e precipitando nel fondovalle cancellò cinque paesi, tra cui Longarone, e uccise 1917 persone". Questa la sintesi di una tragedia annunciata da relazioni tecniche e da articoli di giornale, dai timori della stessa popolazione locale, ma volutamente ignorata dalle aziende costruttrici. Questo volume raccoglie, nei capitoli introduttivi i saggi dei due autori a cui seguono numerosi articoli tratti dai giornali dell'epoca. Spiccano tra questi le denunce, chiare e circostanziate, di Tina Merlin, apparse sul quotidiano l'Unità: i valligiani lamentano gli espropri e i danneggiamenti ai propri terreni,  perpetrati dalla società costruttrice della diga, ed esprimano i propri timori per quel "bacino artificiale di 150 milioni di metri cubi d'acqua, che un domani, erodendo il terreno di natura franosa, potrebbero far sprofondare le case nel lago". Successe di peggio, in una sola notte. Eppure la Merlin e il direttore del suo giornale furono querelati dall'Enel-Sade responsabile dei lavori; ma furono poi assolti dal tribunale di Milano che nella sentenza scrisse chiaramente che la diga del Vajont rappresentava un pericolo per il paese di Erto.

Notava Sandro Viola su L'espresso del 20 novembre di quell'anno: "Lo sapevano tutti. Quando il presidente del Consiglio Giovanni Leone è giunto sul luogo del disastro, la prima cosa che deve aver capito è questa. A Longarone c'era l'incubo della diga. [...] Oltre all'incubo, poi, c'era un dossier della diga: e questo dossier peserà un paio di chili". Conteneva: ordini del giorni di consigli comunali, sentenze della magistratura, relazioni su azioni di protesta dei cittadini, relazioni e perizie tecniche, interpellanze parlamentari; una serie di documenti raccolti e prodotti in circa cinque anni. Ma i provvedimenti tardarono, l'incolumità della popolazione fu sottovalutata. 

La lezione del Vajont ha insegnato qualcosa? Non si direbbe. Altri disastri e altre tragedie hanno insanguinato città e paesi e nessuna è stata fatalità né tragico evento di natura. In Italia è difficile, ora come allora, scrollarsi di dosso la corruzione, il pressapochismo, non emarginare chi, con competenza e cognizione di causa, fa notare i pericoli. Basterebbe l'esempio attuale dell'aumento globale della temperatura e della necessità di combatterlo nel modo più tempestivo possibile. Invece, perfino dai più alti scranni, si ignora l'urgenza, si assecondano i fautori del negazionismo. Ma il cambiamento climatico è da "curare prima, perché dopo ormai è troppo tardi" fa notare Riccardo Iacona.

Paolo Di Stefano e Riccardo Iacona, Mai più Vajont 1963/2023. Una storia che ci parla ancora, Corriere della Sera 2023
  

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