lunedì 20 novembre 2023

I dialetti dall'archeologia dei ricordi alle nuove frontiere letterarie, di Ernesto Ferrero

Il breve saggio, che contiene il testo della prolusione tenuta dall'autore al Premio di poesia e traduzione poetica "Achille Marazza" 1996, esordisce con Alessandro Manzoni il quale, nel corso delle sue lunghe e approfondite riflessioni sulla lingua, si interrogò ripetutamente "sull'impossibilità della parola dialettale di sollevarsi oltre l'orizzonte circoscritto del particolare". Eppure, ricorda Ferrero, nello stesso periodo Carlo Cattaneo difendeva la letteratura milanese che intendeva non come espressione legata alla "glorìola municipale", ma come esempio di partecipazione alla realtà e alle sue variegate espressioni. E Gianfranco Contini, oltre un secolo dopo, avvalorerà questa seconda tesi, notando che "L'italiana è sostanzialmente l'unica grande letteratura nazionale la cui produzione dialettale faccia visceralmente, inscindibilmente corpo col restante patrimonio". Dopo il riferimento ai tre grandi, l'autore prosegue citando esempi di evoluzione della poesia in dialetto dal Settecento fino al Novecento che vide nascere testi di chiara originalità e di esemplare sostanza: da Pasolini a Loi, da Baldini a Scataglini, a Guerra, a Bertolani, a Pierro. Forse, osserva Ferrero, "cacciata dalle pianure del miracolo economico o del villaggio globale, la poesia si rifugia sulle colline e sulle montagne di una sua guerriglia non solo letteraria, ma anche civile, confidando in tempi migliori". 

La poesia dialettale ha probabilmente pochi lettori, ma ottimi, risponde Ferrero a chi gli chiede quanti possano essere i lettori di poesia e tanto più in dialetto. I poeti dialettali, osserva infatti, hanno goduto negli ultimi decenni del Novecento di attenzioni eccezionali da parte di critici come Contini, Isella, Segre, Mengaldo, Folena, Corti, Brevini. E proprio con una citazione di Brevini Ferrero conclude: - "testimoniare la differenza, custodire l'altro". Ecco il senso profondo della poesia in dialetto -. 

Ernesto Ferrero, che ci ha lasciato pochi giorni fa, è stato membro della giuria del Premio Marazza dal 1996 al 2009. Con l’intento di avvicinare la poesia alle più giovani generazioni, nel 2000, proprio a seguito di un suo suggerimento, venne istituita una sezione di traduzione dedicata agli studenti delle scuole medie superiori e agli universitari della Province di Novara, Biella, Vercelli e Verbano Cusio Ossola. Le prove di traduzione da lingue antiche e moderne, scelte in collaborazione con i docenti dell'Università del Piemonte Orientale si tenevano presso la Fondazione Marazza. Sempre per i Quaderni del Premio Marazza, Ferrero scrisse "Il poeta è come l'ape", in ricordo e memoria di Giorgio Calcagno, giornalista e poeta di rare umanità e finezza, anch'egli componente della giuria (2006).


Ernesto Ferrero, I dialetti dall'archeologia del ricordi alle nuove frontiere letterarie, Fondazione Achille Marazza 1996, a cura di Eleonora Bellini


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