Questo libro, pubblicato
nel 1973 a Roma, fa parte della collana "I grandi servizi di
Paese Sera" e reca la prefazione di Amerigo Terenzi,
antifascista e resistente, giornalista tra l'altro de "L'Unità".
Paese Sera non c'è più, non c'è più Miriam Mafai e anche Terenzi
se ne è andato. Rimane, nella sezione ragazzi della mia biblioteca
(e anche in molte altre biblioteche italiane) questo libro importante
e davvero da leggere. Quando uscì fu collocato da noi alla sezione
ragazzi sicuramente perché poteva offrire materiale ricco e
interessante per ricerche sull'Unità d'Italia e sulla situazione
sociale, politica ed economica della capitale, dominio incontrastato
del papa e della nobiltà parassitaria a lui legata, al momento
dell'ingresso dei bersaglieri a Porta Pia. Ora che i ragazzi leggono
principalmente fantasy, libri con frasi brevi, sintassi scarna,
lessico limitato (basta vedere che cosa è uscito per loro in
occasione del 150°), la lettura è da consigliare a tutti, ma
specialmente agli adulti e ai “giovani adulti”. Negli undici
capitoli del libro la Mafai descrive molti aspetti della Roma papale:
dalla “città quasi sempre in vacanza”, nella quale quasi la metà
dei 220.000 abitanti erano senza professione al “Che volete,
signore, siamo sotto i preti” del giovane barbiere di Stendhal;
alle scuole che qualsiasi persona di fervente credo religioso poteva
aprire, non tanto per istruire i bambini ma principalmente per
educarli ad avere “paura del diavolo, obbedienza al papa e
reverenza verso i potenti”; dalla “dolce vita” della nobiltà
ai 200.000 ettari di Agro proprietà del Capitolo di san Pietro e di
poche famiglie principesche, alla durissima condizione degli ebrei
del ghetto (che in Toscana, Piemonte, Lombardia erano a quel tempo
già cittadini), obbligati alla più penosa ed umiliante schiavitù;
dall'ironia sagace del Belli allo stato d'animo di attesa e di
speranza dei romani quando, fin dal 6 settembre 1870, ebbero
cognizione del fatto che la situazione sarebbe precipitata e che la
libertà sarebbe giunta presto.
Libertà e dignità
riconosciute anche per i romani di religione ebraica, perché
l'antisemitismo fu connaturato al dominio pontificio, finché,
finalmente, il 20 settembre 1870 pose fine a secoli di ingiustizia e
di persecuzione: “... i cinquemila ebrei romani diventarono
cittadini italiani a parte intera. I piccoli ebrei entrarono,
nonstante la violenta protesta delle pubblicazioni clericali, nelle
prime scuole comunali della città. Due anni dopo, due ragazze ebree,
Lastemia e Perla Segre, prendevano il diploma di maestre. Erano le
prime ebree autorizzate a insegnare in una scuola municipale. Ne
parlarono i giornali, quali per protestare e quali per approvare.
L'avvenimento insomma fece notizia; poi le due maestre presero
possesso della loro classe in via di Tor de' Specchi e lì
insegnarono per molti anni” (pag. 129).
E. Roesler Franz, Borgo e il Passetto
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