domenica 14 dicembre 2025

Natale su tutti i piani, di Marie-Aude Murail

Fa freddo a Parigi nel dicembre del lontano 1843. Il piccolo Hugues vive con la sorella maggiore Jeanne, che è sarta, in una gelida mansarda al numero 121 di rue Réaumur. Il bambino dopo la morte della mamma si è ammalato e pare non riesca a riprendersi; ogni giorno diventa più debole e Jeanne teme che quello che sta per arrivare sarà per lui l'ultimo Natale. Il regalo più bello, quello che Hugues desidera sopra ogni cosa, è quello di imparare a leggere. Ma Jeanne non ne è capace, sa solo tracciare alcune lettere dell'alfabeto, le une separate dalle altre. Pur avendo promesso al fratellino che presto avrebbe imparato a leggere e poi lo avrebbe insegnato anche a lui, finora non ce l'ha fatta. E il tempo stringe. Oh, se solo potesse avere un libro! 

Questo delicato racconto natalizio dal sapore vagamente dickensiano ci conduce a rivivere l'atmosfera della bohème parigina di metà Ottocento in forma adatta a lettori bambini, in ciò perfettamente coadiuvata dall'illustrazione: la neve scende danzando dinanzi alle facciate degli antichi eleganti palazzi e imbianca le strade; le ragazze del popolo si affrettano coprendosi con lo scialle; le soffitte respirano a fatica sotto scure travi di legno e tuttavia aprono piccole finestre curiose sulla città. Come nelle fiabe classiche, i protagonisti di Natale su tutti i piani sono candidi e buoni, ma le circostanze difficili della vita che conducono può indurli a sbagliare. Come salvarsi? Come ritrovare se stessi e il proprio buon cuore? Ci vuole un eroe che sblocchi la situazione e conduca la storia al lieto fine. Il fatto che poi qui la storia abbia come perno il desiderio di imparare a leggere di un bambino malato e che un libro sia l'oggetto più desiderato consola e commuove. La strada dell'amicizia con l'alfabeto e con i libri è lunga e non sempre semplice...

La recensione si legge per intero su Mangialibri, qui Natale su tutti i piani | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

M.A. Murail, Natale su tutti i piani, Camelozampa 2016. Ill. di Boiry, trad. S. Saorin

martedì 9 dicembre 2025

Ricordo di Natale, di Truman Capote

È una mattina di fine novembre degli anni Trenta del Novecento. Nella cucina di una vecchia casa di campagna nel Sud degli Stati Uniti il camino ha appena “inaugurato il suo ruggito stagionale”. Si avverte l’inverno nell’aria e, come ogni anno in questa stagione, la cugina grande annuncia a Buddy: “È tempo di preparare il panfrutto!”. La donna ha i capelli bianchi, è piccola, vispa, molto decisa. Il bambino, che trascorre quasi tutto il suo tempo con lei, ha sette anni ed è molto più che un lontano parente: è il suo amico per la pelle. La preparazione del panfrutto, o meglio dei panfrutti che diverranno i regali di Natale per gli amici vicini e lontani, richiede molto impegno e numerosi ingredienti, tra i quali sono fondamentali le noci. La prima spedizione è dunque verso il bosco, dove la donna e il bambino raccolgono, con grande fatica, le noci rimaste a terra dopo il raccolto. E poi burro, uova, uvetta, farina, spezie e anche whisky. Tutte queste cose devono essere acquistate e i due amici per la pelle, poveri ma risparmiatori, sono riusciti a mettere da parte la cifra necessaria. 

Questo racconto di Truman Capote uscì per la prima volta nel 1956 su “Mademoiselle”, rivista di moda e di narrativa indirizzata prevalentemente alle donne, e conobbe poi numerose edizioni. La vicenda, narrata in prima persona dal più piccolo dei due protagonisti, è in gran parte autobiografica. Truman, infatti, dopo il divorzio dei genitori, fu inviato presso lontani parenti. Lì, pressoché abbandonato dal padre, il bambino vedeva molto saltuariamente la madre e il suo unico e solido punto di riferimento era l’anziana cugina Sook, ritratta con affetto profondo in questo racconto.

La recensione si legge per intero su Mangialibri, qui Ricordo di Natale | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

Truman Capote, Ricordo di Natale, illustrazioni di Beth Peck

venerdì 5 dicembre 2025

Pagine Giovani, rivista di letteratura giovanile, ricorda Andersen

Pagine Giovani è una rivista specializzata in letteratura per ragazzi nata a Roma come espressione del Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile nel 1977, solo un anno dopo LGArgomenti (la cui pubblicazione cessò nel 2017) ed è tuttora pubblicata con periodicità semestrale. Si occupa in modo approfondito di autori, temi e problemi di letteratura per bambini e ragazzi, in prospettiva storica, letteraria, pedagogica e psicologica. Avendo ottenuto nel 2021 il riconoscimento di rivista di classe A da parte dell’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), ogni articolo viene pubblicato dopo essere stato sottoposto a un processo di revisione peer review in modalità "doppio cieco".

Ogni numero di Pagine Giovani ospita una ricca e aggiornata sezione di recensioni di libri per bambini e ragazzi, insieme alla segnalazione di opere di saggistica pedagogica, didattica e storica utili agli adulti che vivono e lavorano loro: genitori, educatori e animatori, insegnanti, bibliotecari. La rivista è attualmente diretta dal prof. Angelo Nobile, docente di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza all’Università di Parma, e vanta un autorevole comitato scientifico internazionale.

Il più recente numero (188/2025) propone ai lettori un inserto monografico, dedicato a Hans Christian Andersen "principe della letteratura per l'infanzia", inserto nel quale leggiamo i seguenti i saggi:

- Andersen in Italia. Panorama critico di Bruno Berni. Il testo esamina il percorso editoriale dell’opera anderseniana nel nostro Paese, collocandola in una prospettiva europea. Si occupa della nascita e dell’evoluzione delle traduzioni italiane ponendo, tra l'altro, l’accento sulla questione dei contenuti delle fiabe, ritenuti in diversi casi inadatti al pubblico infantile, cosa che ha generato una rigida selezione dei testi o il loro adattamento;

- Il bimbo morente e il tema tabù della morte nelle fiabe di H.C. Andersen di Paulo César Ribeiro Filho. L'autore si occupa del poema Il bimbo morente (Det døende Barn) del 1827 e della fiaba La storia di una madre (Historien om en moder) del 1847, testi nei quali Andersen tematizza e conferisce contorni artistici al motivo tabù della mortalità infantile;

- Omosessualità nelle fiabe di H.C. Andersen di Milan Mašát. L'autore si chiede se e come l'omosessualità sia rappresentata nelle fiabe di Andersen. In particolare, vuole rispondere alle domande: 1) Esistono motivi omosessuali nei personaggi delle fiabe di Andersen?; 2) Quali simboli legati all'omosessualità sono contenuti nelle sue fiabe?

Altri temi approfonditi in questo numero della rivista sono: il rispetto della verità storica nella letteratura per ragazzi - infomazione, consapevolezza, valori, impegno - (Angelo Nobile); il vampirismo in Harry Potter (Ivano Sassanelli); la mafia nella letteratura giovanile oggi (Melania Federico).

Al link che segue trovate storia e notizie della rivista: Pagine Giovani – Rivista semestrale di Letteratura Giovanile


domenica 30 novembre 2025

Il vaporetto, di Alfonso Gatto

Nel risvolto interno di copertina della raccolta Il sigaro di fuoco. Poesie per bambini, pubblicata a Milano nel 1945, si leggeva: «Alfonso Gatto vuole bene ai bambini: ancor più, egli si ricorda di sé bambino e dell’avventura sognata, prima che nei fatti, nei grandi stupori quotidiani. Tutti i bambini sono, o sono stati, come lui». Sempre dedicate ai bambini, uscirono nel 1963 e sempre nel capoluogo lombardo le poesie de Il vaporetto. Poesie-fiabe-rime-ballate per i bambini di ogni età. Il sottotitolo conferma che, per Gatto, l'infanzia non è una stagione conclusa e transeunte, ma è l'archetipo di ogni singola esistenza, lungo tutto il suo percorso di vita, nei suoi connotati più originali e profondi. La raccolta contiene nuove poesie non presenti nella precedente, un disco con la voce dell'autore e i disegni di Graziana Pentich.

Scrive il poeta nella presentazione: « ... il primo sapore della vita, la sorpresa di avere gli occhi e le mani, questo vedere pulito e luminoso il mondo delle nostre giornate, sono doni di verità che ogni uomo piccolo o grande, vecchio o bambino, porta con sé nella sua anima, se egli è veramente libero nella libertà di tutti e con tutti rinnova l'amore e il desiderio della vita».

La raccolta si divide in cinque sezioni: Il vaporetto, Le favole, Fanfare, Nomi e cose, Due ballate per i più grandi. L'edizione utilizzata per questo articolo (Ripostes 1994 con introduzione e cura di Francesco D'Episcopo) è dotata anche di un'appendice con dedica di cui si dirà più avanti. Il vaporetto salpa felicemente con le quindici poesie che compongono la sezione omonima, tra nuvole, mare, giochi in libertà, domande sulle cose del mondo, affetti, stelle, velieri, infinite rotte in terra, mare e cielo. Secondo quanto ho potuto constatare nella mia esperienza di laboratori poetici, la poesia tra queste più nota, più acuta e gratificante per i bambini, un vero specchio nel quale guardarsi, acquistare fiducia e allenarsi al disincanto, è "Ogni uomo è stato un bambino", che è bello rileggere ancora:


Ogni uomo è stato un bambino
- pensate - un bel bambino.
Ora ha i baffi, la barba, il naso rosso, si sgarba
per nulla… Ed era grazioso
ridente arioso
come una nube nel cielo turchino.

Ogni uomo è stato un monello
- pensate - un libero uccello
tra alberi case colori.

Ora è solo un signore

fra tanti signori,
e non vola,

non bigia la scuola.
Sa tutto e si consola
con una vecchia parola
“Io sono".

Chi è?

Ditelo voi bambini ignari
che camminate con un sol piede sui binari,
e scrivete “abbasso tutti

gli uomini brutti”
col gesso e col carbone
sul muro del cantone.

Ditelo voi, bambini. Egli è…

“… un gallo chioccio che fa coccodè!”

"Le favole" ci propongono quattro lunghe poesie, quattro storie: quella di un'orfanella che contemplando il mare vi si perde; quella di un asino dalle grandi orecchie attente come quelle dei bambini; quelle del fanciullo Medoro e quella di Melampo bimbo di gomma. "Le fanfare" suonano per il girasole, la casetta, la sera italiana, il macchinista e i pompieri. "Nomi e cose" propone pensieri, riecheggia domande, gioca di fantasia, mentre le "Due ballate per i più grandi", suggestive, sorridenti e profonde, sono dedicate a Ollio e Charlot. E, infine, l'appendice. Si tratta di due pagine, la 99 e la 101 della presente edizione, tratte da Il sigaro di fuoco, e inizialmente tolte dall'edizione del 1963. Nella prima si legge una dedica di Gatto, datata "Milano, Inverno 1944-1945": "A tutti i bambini poveri che imparano a vivere da soli e dormono a notte nel ventre di un grande cavallo immaginario che un giorno volerà, a questi bambini senza tosse e senza sciroppi, ricchi ogni desiderio, pieni d'occhi, dedico "Il sigaro di fuoco" e l'arcobaleno della libertà". Nella seconda pagina leggiamo la poesia omonima: "Nel mondo l'uomo che guarda il lavoro/ degli altri e tutto dice e nulla sa/ in piedi con la sua catena d'oro...// Nel mondo l'uomo che guarda il lavoro/ degli altri e tutto chiede e nulla dà,/ in piedi con un sigaro di fuoco...// Ma tu bambino sai anche per poco/ com'è contento un operaio, avrà/ dentro le mani il filo del suo gioco,/ la dolce lena dei volani, il canto...//". E qui troviamo la storia, gli ideali e le speranze di un'epoca - al Nord ancora di guerra - in brevi, essenziali versi.


A. Gatto, Il vaporetto, Ripostes 1994



sabato 29 novembre 2025

Lo stupro di massa come arma di guerra, di Cecilia Frignani

Cecilia Frignani, laureata in Scienze Filosofiche, ha approfondito gli studi di Filosofia del Diritto ed è giornalista di TeleMantova. In questo suo saggio, ricco di documentazione e dotato di un’ampia e utile bibliografia, descrive l’uso dello stupro e di altre forme di violenza sessuale nei diversi scenari di guerra in tutto il mondo. “La violenza sessuale nei conflitti infligge sofferenze inenarrabili: mira all’annientamento delle persone, alla distruzione di famiglie e comunità e permette, in tal modo, il perpetuarsi di conflitti e instabilità, spesso per intere generazioni. 

Ma la violenza sessuale nei conflitti non è una conseguenza inevitabile della guerra”, si legge nell’Appendice che riporta la Dichiarazione d’intenti per porre fine alla violenza sessuale nei conflitti armati, adottata a Londra nel 2013. Inoltre, il documento afferma che lo stupro non può essere considerato un crimine minore nei contesti di guerra nei quali è ancora ampiamente perpetrato e diffuso. Vittime di violenza sessuale sono infatti in primo luogo le donne, ma anche gli uomini e i bambini, colpiti dalle violenze o testimoni delle stesse o, ancora, costretti a commetterne. Sulle vittime di stupro sempre grava, tra l’altro, un marchio di infamia assolutamente mal riposto in quanto colpisce, anche attraverso la vergogna e l’esclusione sociale, più le vittime che coloro i quali sono colpevoli di ordinare e di commettere questo crimine.

La recensione si legge per intero su Mangialibri, qui Lo stupro di massa come arma di guerra | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

C. Frignani, Lo stupro di massa come arma di guerra, Oligo 2025 


domenica 23 novembre 2025

Immagini di Carlo Dionisotti, di Carlo Carena e Giovanni Tesio

Il 23 novembre 2010 l'Università del Piemonte Orientale inaugurò con un Convegno a cui presero parte Carlo Carena, Claudio Marazzini, Alessandro Barbero, il Centro Studi "Carlo Dionisotti" per lo studio della geografia letteraria. Carlo Dionisotti, nato a Torino nel 1908, si laureò nel 1928 con una tesi sulle Rime di Pietro Bembo. Negli anni dal 1937 al 1941 fu segretario del «Giornale storico della letteratura italiana»Legato agli ambienti torinesi vicini a Giustizia e libertà, nel dopoguerra si trasferì a Oxford e Londra, dove rimase, come docente universitario, per il resto della sua vita e dove morì nel 1998. Dionisotti tuttavia fu fortemente legato alle sue radici piemontesi e periodicamente tornava, sempre con piacere alla casa di Romagnano Sesia, "quell'angolo del Piemonte, in cui si sentiva radicato [...] la presenza nella casa avita, nelle vie da lui percorse, nel ricordo vivente di chi l'ha conosciuto e incontrato in una misura domestica, schietta e dunque naturale" (C. Carena in Carlo Dionisotti. Atti del Convegno di Romagnano Sesia del 20 settembre 2008, p. 11).

Questo agile volumetto, introdotto da Carlo Carena e arricchito da un contributo di Giovanni Tesio intitolato I "Piemontesi" di Carlo Dionisotti ripropone la figura e l'opera del grande critico letterario rivolgendosi soprattutto alle più giovani generazioni e, in special modo, agli studenti e ai ricercatori di quella università. Fa seguito ai due saggi introduttivi un'ampia documentazione per immagini che ripercorre l'itinerario di vita e di studi dello studioso, dagli anni infantili e giovanili a Torino, agli studi, all'impegno politico, all'insegnamento a Londra, alle opere, dalla più nota, Geografia e storia della letteratura italiana (1967), fino alla raccolta degli Scritti sul fascismo e sulla Resistenza  (2008). 

In occasione della sua scomparsa, scrisse Maria Corti (La Repubblica del 23/271998): "Dionisotti è uno di quegli intellettuali che hanno sempre guardato l'Italia passando la frontiera... L'estero ha lasciato un segno in loro, nel loro modo di guardare noi che siamo in Italia, e lo ha lasciato anche in noi, nel nostro modo di vedere in loro doti nuove, prima fra tutte l'ironia, così poco presente nel nostro retorico Paese. [...] c'era nel suo modo di parlare, in un seminario, in una conferenza, una forza e una freschezza che sortivano dalla sua aristocrazia intellettuale che era una forma di nobiltà. Oihmè, sempre meno maestri in Italia". 

Immagini di Carlo Dionisotti, Interlinea 2010, cur. R. Cicala

sabato 22 novembre 2025

Nené nel paese delle Magarie, di Alessandro Barbaglia

Questa è una storia vera, ma anche una storia di magarie, cioè una storia magica che ha come protagonista Andrea Camilleri, detto Nené, e la sua infanzia fantasiosa, curiosa, vivace. È una storia di scoperte e d’avventura, di mistero e di immaginazione, che ha come scena e teatro la campagna siciliana, simbolo di affetti e di libertà. La casina di campagna di nonna Elvira per Nené è più di un luogo di vacanza, è un mondo che si svela, che accoglie e che apre orizzonti. Lì, anche un ragazzino di città può essere il protagonista di mirabolanti avventure. Questo romanzo, che commemora il centenario della nascita di Andrea Camilleri, è un romanzo che inizia d’estate, privilegiata stagione di libertà, e che in essa racchiude le esperienze d’infanzia dello scrittore, ma non solo. Perché l’infanzia è per tutti la culla dell’intera esistenza che, nei casi più fortunati, si snoda nel tempo e dura per sempre. In questo romanzo, infatti, possiamo trovare frammenti di opere e di vita di Camilleri, frammenti di realtà, in una narrazione ampia dal sapore di fiaba.
Durante una recente intervista apparsa su “La voce di Novara” del 20 giugno 2025, Alessando Barbaglia ha detto: «Ho scritto un libro spericolato per bambini, perché i bambini sono spericolati. È il tentativo di raccontare l’infanzia di Andrea Camilleri, quella dai 6 ai 12 anni. Quando viveva nella casa di campagna di nonna Elvira, una donna che era un incrocio tra una fata e una maestra. Fu lei a insegnargli a leggere, a scrivere, a volare. Leggendogli Alice nel paese delle meraviglie, gli ha aperto la porta della fantasia. E Nenè, senza ancora saperlo, era già Camilleri»

A. Barbaglia, Nené nel paese delle Magarie, Mondadori 2025
 
La recensione si può leggere per intero su Mangialibri al link: Nené nel paese delle Magarie | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

domenica 16 novembre 2025

Scaffale locale 20: Storia della spezieria medicinale nella Città de La Cava, di Salvatore Milano

Quando sentiamo la parola storia, subito la nostra mente corre ai nomi e al ricordo di famosi condottieri, re e imperatori, papi, esploratori e a tutte le altisonanti personalità narrate sulle pagine dei libri che studiamo fin da piccini. E tuttavia storia è anche - forse soprattutto - il progressivo crescere della scienza e della cura intese ad alleviare e a guarire, per quanto possibile, i malanni umani.

Questo libro, di grande formato e di ricca iconografia, accompagna i lettori in un viaggio lungo tredici secoli attraverso la storia di medici e speziali dell'antica Città della Cava (Cava de' Tirreni, Cetara e Vietri sul Mare) raccontando, grazie a una notevole documentazione di archivio e iconografica, il "ricco patrimonio culturale e scientifico [...] di produzione e di scambio di conoscenze mediche, in particolare nel campo della terapeutica. Le spezierie, con le loro vetrine ricche di erbe, unguenti e preparati, non erano solo negozi, ma veri e propri laboratori dove si sperimentavano nuove composizioni e si conservava il sapere sulle proprietà curative delle piante. In questo ambiente vivace e stimolante, speziali e medici collaboravano a stretto contatto, contribuendo allo sviluppo di una farmacopea sempre più sofisticata ed efficace" (dalla prefazione di Luciano Mauro).

I sette densi e rigorosi capitoli che approfondiscono la storia della spezieria medicinale cavese sono suddivisi cronologicamente a partire dal XIV secolo fino a tutto il Novecento e ricostruiscono le storie dei medici e degli speziali, antenati degli odierni farmacisti, che operarono in contatto continuo e proficuo tra di loro e con la nota e autorevole Scuola Medica Salernitana. L'autore non manca di descrivere, inoltre, il contesto sociale, economico e culturale che accompagnò e favorì l'evoluzione delle professioni medica e farmaceutica nel territorio fino al Novecento, quando "la professione del farmacista cambia radicalmente [...] e sono ormai le case farmaceutiche a produrre farmaci e non più il farmacista a confezionarli. Resta comunque fondamentale la sua figura professionale [...] per la continua qualificata assistenza rivolta al pubblico". Nel 1901 operavano a Cava otto farmacie (Accarino, Avigliano, Farina, Panza, Salsano, Conte, Coppola, De Filippis); ad esse si sarebbero aggiunte, nel secondo e nel terzo decennio del Novecento, le farmacie "del Duomo" di Antonio Carleo e quella di Fortunato Pisapia.

Un notevole numero di notizie storiche e archivistiche sui titolari delle farmacie, sugli arredi di cui esse erano dotate e sui loro registri e volumi sono riportate negli ultimi due capitoli: Viaggio tra le spezierie della Città de La Cava. Regesto dei documenti e La spezieria manuale, ovvero la drogheria, antesignana, tra l'altro, della moderna pasticceria.

S. Milano, Storia della spezieria medicinale, AreaBlu 2025


martedì 11 novembre 2025

Il formidabile furto del quadro più famoso del mondo, di Nicholas Day

La vera storia del furto del ritratto della Monna Lisa di Leonardo da Vinci è narrata da Nicholas Day, giornalista e divulgatore statunitense, con spigliato umorismo, ma anche con documentata precisione, con linguaggio brioso, ma anche ricco dei necessari approfondimenti. Il racconto procede come quello del giallo classico, nel quale gli investigatori indagano, raccolgono e radunano indizi e prove, formulano ipotesi più o meno realistiche. Qui tuttavia vedono le loro ipotesi sgretolarsi l’una dopo l’altra sotto lo sguardo critico e severo della stampa, mentre tutti i Parigini si disperano per le sorti di un quadro del quale i più avevano fino a quel momento ignorato l’esistenza: “"Il furto del quadro di Leonardo occupò la prima pagina dei giornali parigini ogni giorno per più di un mese. A ogni notizia, il dipinto acquisiva rilevanza e la sua perdita diventava più tragica. Non si trattava più di un quadro qualsiasi, e nemmeno di un’opera d’arte qualsiasi. Era un dipinto sublime”. Grazie al furto e al mistero che per due interi anni l’avvolse, Monna Lisa, la Gioconda, divenne un mito assoluto, quasi una creatura viva, non solo immortalata nell’arte. Ai capitoli che riguardano il furto e la soluzione dell’enigma poliziesco, se ne alternano altri dedicati alla vita e al carattere di Leonardo, dalla sua nascita illegittima alla sua intelligenza acuta e incostante, alla sua curiosità inestinguibile, alla sua mancanza di puntualità nella consegna delle opere che gli venivano commissionate.  

Ora che un altro furto si è, incredibilmente, verificato di nuovo al Museo del Louvre, come non leggere la mirabolante storia dell'analoga, precedente impresa? La recensione integrale del libro è su Mangialibri, al link: Il formidabile furto del quadro più famoso del mondo | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

Nicolas Day, Il formidabile furto del quadro più famoso del mondo, Mondadori 2025

martedì 4 novembre 2025

POESIE PER GAZA, Antologia a cura di Eleonora Bellini e Caterina De Nardi


La poesia è parola misurata ed essenziale, può coinvolgere impressioni ed emozioni ma anche meditate riflessioni, può perfino essere ricordata dentro e oltre il turbine delle incombenze quotidiane. La poesia per Gaza ancora di più, perché Gaza siamo noi, nell’immensa fragilità dei nostri corpi e nell’immensa resistenza dei nostri cuori’’: dall'introduzione di Eleonora Bellini all'antologia nella quale cinquantuno poetesse e poeti di ogni regione d'Italia dedicano i loro versi a Gaza e alla Palestina. 

L’idea di questa raccolta, che vede unite voci diverse attorno a un tema e a un ideale comune, si deve a Caterina De Nardi che alcuni mesi fa scriveva a poetesse e poeti una lettera breve e significativa, perfino urgente, nella quale, tra l’altro, si leggeva:
Cara Poetessa, caro Poeta, in questi mesi stiamo assistendo a una tragedia umanitaria devastante. A Gaza migliaia di civili - tra cui tantissimi bambini - vengono annientati sotto un fuoco che non conosce tregua, nel silenzio complice delle diplomazie e nell’assenza di giustizia. È un accanimento che ci lascia sgomenti, ma che non può lasciarci muti. Nasce da questo dolore e da questa indignazione l’idea di raccogliere i nostri versi in un’ antologia collettiva. Sarà un atto, un atto poetico e politico per testimoniare l’orrore, la pietà, la rabbia e la speranza. Le nostre voci si uniranno per opporsi al genocidio in corso, per custodire l’umano, per stare nella storia come atto di resistenza e di denuncia.

Nel libro, di 140 pagine e dal significativo sottotitolo "La poesia testimonia la storia", oltre al testo introduttivo e alle poesie sono presenti le notizie biobibliografiche di tutte le autrici e di tutti gli autori partecipanti.

Poesie per Gaza, LFA Publisher 2025

lunedì 3 novembre 2025

L'Imam deve morire, di Enzo Amendola

Musa al Sadr, Imam sciita, si impegnò per tutta la vita per favorire la convivenza e la tolleranza all'interno dell'Islam e anche nel dialogo con le altre religioni. Nel 1963 partecipò alla proclamazione di Papa Paolo VI e fu il solo dignitario musulmano ad essere ufficialmente invitato alla cerimonia. Erano, quelli, gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II, che ebbe anche su di lui un’importante influenza. Sostenitore del dialogo interreligioso, concluse un sermone alla Chiesa dei Cappuccini a Beirut il 18 febbraio 1975 con la seguente dichiarazione: O uomini e donne credenti, troviamo un punto d’incontro negli esseri umani, in ogni essere umano. Ognuno deve essere, infatti, oggetto delle nostre parole e della nostra azione: quelli di Beirut, quelli del Sud, quelli del Hermel, quelli dell’Akkar e quelli delle periferie della stessa capitale, da Karantina a Hayy El Sullum. Nessuno è al di fuori di questa occasione né messo da parte né classificato. Difendiamo, perciò, gli esseri umani del Libano affinché possiamo difendere questo Paese, il Paese dell’essere umano, pegno della storia e pegno di Dio”.

Musa al Sadr, nato in Iran nel 1928 e misteriosamente scomparso in Libia (ma i libici sostennero per lungo tempo che fosse scomparso a Roma) nel 1978 è il protagonista di questo appassionante romanzo che intreccia fatti storici e finzione letteraria, facendo emergere uno dei casi più misteriosi del Novecento - tanto da essere definito "il caso Moro d'Oriente"- avvenuto nello stesso periodo in cui in Italia vi furono il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro. È il capitano dei servizi segreti italiani Roberto Stancanelli, personaggio di fantasia, a indagare sul caso che, fin dall'inizio, gli appare complicato e costellato da reticenze e depistaggi. Convintosi del fatto che l'Imam in Italia non è mai arrivato, nonostante le autorità libiche vogliano convincerlo del contrario, Stancanelli non ha prove chiare e concrete di cui farsi forte. Anche per questo il caso viene presto archiviato, ma il capitano non è persuaso e continua a ripensare al mistero della scomparsa di Musa al Sadr: chi avrebbe potuto desiderare che un uomo che per tutta la vita aveva predicato la pacifica convivenza tra popoli e religioni differenti fosse cancellato dalla faccia della terra? Troverà la risposta solo vent'anni dopo. Ma non sarà invano.

Enzo Amendola, nato a Napoli nel 1973, è stato Sottosegretario agli esteri e successivamente Ministro per gli Affari Europei. È deputato della Repubblica.

Enzo Amendola, L'Imam deve morire, Mondadori 2025


venerdì 31 ottobre 2025

Piccola volpe, di Pinguini Tattici Nucleari

Una piccola volpe “un po’ borderline” si allontana da casa: sta fuggendo? Sta esplorando? Vorrebbe volare via lontano come una rondine? Certamente non desidera essere chiusa in gabbia come un canarino, anche se c’è "un uomo a metà" che vagheggia di rinchiuderla e di portarla con sé in città. La piccola volpe vuole soprattutto essere libera, nessuna catena potrà legarla. 

Nel più recente album dei Pinguini Tattici Nucleari, Hello World, c’è anche la canzone dedicata a una piccola volpe in cerca di libertà. Ora la canzone è diventata un libro colorato e gentile, edito da Mondadori, in cui il testo è lo stesso della canzone ma qui è illustrato con delicatezza, luminosità ed efficacia da Francesca Vitolo. Il libro, così come la canzone, propone un messaggio chiaro: l’importanza di rispettare la libertà e la volontà di ciascuno, specialmente dei più piccoli, specialmente di coloro a cui si vuol bene. Come la canzone, il libro pone l’accento, pur in modo semplice, fiabesco e giocoso, sul fatto che ogni relazione autentica rispetta la personalità e la libertà altrui. Il messaggio è adatto sia agli adulti che ai bambini, anzi si presta alla lettura condivisa e, nato com’è da una canzone, perfino al canto, divenendo uno strumento piacevolmente educativo. 

Pinguini Tattici Nucleari, Piccola Volpe, Mondadori 2025 

La recensione per intero è su Mangialibri, qui: Piccola volpe | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

martedì 28 ottobre 2025

Segn e Artaj, di Maria Lenti. Recensione di Enrichetta Vilella

Lettere, passione per l'insegnamento, poesia, e quel talento, sempre più raro, di tessere relazioni di colore educativo, i colori della reciprocità, della generosità, della libertà. Il talento da maestra di vita di Maria Lenti.

"Segni e Ritagli" è proprio frutto di una tessitura, leggendo si viene trasportati da parole naviganti, come ebbi già modo di definire i versi di Lenti a proposito di "Elena, Ecuba e le altre.1 Leggendo si viene trasportati in un flusso:

- un flusso di trama e ordito, “Rideranno per l’insistenza a mettere due parole in croce -scrive Maria Lenti in Due parole2mi piace la mia giornata finché non si spezza il filo”. Il filo di chi racconta e crea tessendo, appunto;

- un flusso di silenzio, che non è assenza di parole ma attenzione al visibile (come direbbe Borgna3). A sera, Maria non apre più la porta a nessuno, legge, lavora, e pur tuttavia ci sono le sue finestre che

danno a est e a ovest

a oriente verde vario le colline (…)

a ovest palazzoni a gradoni

li vedo e non li vedo

nello studio difatti leggo e lavoro

e vado a letto quando è scuro” 4

e la mattina dopo,

M’affaccio di mattina

col freddo alla finestra

a braccia aperte

son tutti lì nell’aria

i miei pensieri passabili

nonostante culmini dicembre5

Versi che portano nel vivo dell'atto creativo. Maria scrive che non apre la porta, eppure ci ritroviamo lì, a rimirare il suo sguardo, le sue braccia aperte, i suoi pensieri “ch'en c'è mal”6;

- un flusso osmotico tra mondo interiore e tutto il resto del mondo (che irromperà nella III militante sezione), di cui quello interiore fa parte: “Voglio capire per non stare ferma e nemmeno morire di crepacuore.7

Se, come scrive Gualtiero De Santi nella prefazione di "Segn e Artaj", “il mondo è in prima istanza quello interiore”, da dove muovono le parole di Maria Lenti, dove le cerca incessantemente? Da dove sgorgano le sue parole, che hanno sempre l’aria di essere innamorate?

Ciò che è fuori di noi è sempre incerto, sarà per questo che poete e poeti ne scandagliano ogni anfratto senza tregua, indagando linguaggi e parole e Maria Lenti lo fa, con una scrittura libera, che svela. Nei suoi versi si vedono di lei, come su una strada illuminata, la verve, il disincanto, le sferzate, la comprensione delle vicende umane. Un flusso che sfocia in un armusciné, quella sostanza di cui scrive Maria nella raccolta "Arcorass"1, quella sostanza che ci tiene vivi.

Dura cosa dall’incoscienza arrivare alla coscienza …

So che non so questo so2

Musciné e armusciné

E su quella strada illuminata, cammina impudica anche tanta tenerezza, come nelle pagine iniziali, di potente impatto, di "Apologhi in Fotofinish3", che coinvolgono in un labirintico percorso, labirintico e a spirale, dal quale è difficile uscire, non per uno stato di angoscia, ma per uno stato di tenerezza, nel quale vanno a stemperarsi, anzi ad arricchirsi, sentimenti duri. “Invidia” si intitola il primo racconto di Apologhi, dove la protagonista è rosa dall’invidia “finché una dottora della psiche mi ha rimesso in sesto ed ho capito quel che dovevo capire, rimestando dentro ogni possibile anfratto e rivoltando sotto-sopra quella melma da cui non usciva che un’invidia nera … La melma è scomparsa … la tenerezza aveva preso il posto dell’invidia.” Quanti di noi sarebbero capaci di mettere a nudo attraverso se stessi, vizi ritenuti capitali, umili lucciole di tenere debolezze del nostro essere umani? Tutto è già detto. Cosa devo dire per esprimere la bellezza della vita? Così aveva risposto Maria Lenti quando, durante la presentazione di "Segn e Artaj" presso l'Associazione Partenia di Pesaro, a febbraio scorso, il relatore Roberto Rossi l'aveva interrogata sul senso della “Domanda”, ultimi versi dell’ultima e unica poesia dell'ultima sezione della raccolta:

Domanda

che poesia dire se tramontati

astri la luna

se resta la mia vita

calamita

verso la vita?

Tutto è già detto, Maria? No, Maria Lenti, poeta, ti chiedo scusa se abuso ancora dei tuoi versi,4 ma provo a tirare un filo che non si può far penzolare, perché "Segni e Ritagli" si propone proprio in una gioiosa posizione παρα δόξα e insinua una chiave di lettura che spiazza e intriga nel gioco di intreccio tra vita e amore:

la vita è meravigliosa quando siamo innamorati

quando siamo innamorati sempre

è una gran noia perché la vita è noiosa

quando è sempre uguale

l’amore … dura solo un respiro appassisce e muore …

lo so lo so

ma è come se non lo sapessi

qualcuno mi deve spiegare

perché proprio adesso sento che dovrei partire

per un viaggio sconosciuto.

Perché? Perché adesso, finito e svelato questo viaggio chiamato "Segn e Artaj – Segni e Ritagli", lo sappiamo Maria, hai già, subito, ricominciato a cercare parole, parole altre e innamorate per altri libri viaggianti, ancora e ancora. Come facciamo a saperlo?

L'hai scritto tu

L’amore si è nascosto a piangere

Dimmi dove, che vado a consolarlo1

L’hai detto tu, quando ti chiesi di musciné e armusciné. La sostanza che ci tiene vivi, mi raccontasti, e ci fa amare la vita che si presenta nuova e ripetitiva, bella e triste, imprevedibile.

Note

1. Elena, Ecuba e altre poesie - Arcipelago Itaca Ed.2019

 2. Due parole, in Segn e Artaj poesiePuntoacapo edizioni 2024

 3. Eugenio Borgna, In ascolto del silenzio - Einaudi 2024

 4. Le mie finestre, in Segn e Artaj op.cit.

 5. Verso oriente, in Segn e Artaj op.cit.

 6. Verso oriente, in Segn e Artaj op.cit.

 7. Giorni a marzo 2022, in Segn e Artaj op.cit.

 8. Arcorass poesiePuntoacapo edizioni 2020

 9. Armuscinè, in Arcorass op.cit.

 10. Apologhi in fotofinish racconti e altri scritti -Fara Editore 2023

 11. Strana storia – Sorpresa – Adesso, in Segn e Artaj op.cit.

 12. San Valentino, in Segn e Artaj op.cit. 


domenica 26 ottobre 2025

Fascismo e democrazia, di George Orwell

Il libro raccoglie cinque acutissimi articoli scritti dal giovane Orwell, prima che il successo arridesse alle alle sue opere più note: Fascismo e democrazia; Letteratura e totalitarismo; La libertà del parco; L'invasione da Marte; Visioni di un futuro totalitario. Segue la postfazione di Roberta De Monticelli che offre una fondamentale chiave di lettura degli articoli stessi, scritti negli anni 1941 e 1945. 

Orwell analizza le critiche alla democrazia "borghese", provenienti sia dai nazisti e dai fascisti che, su basi diverse, dai comunisti, e dimostra la loro superficialità il loro scarso senso della realtà: "La democrazia borghese non è abbastanza, però è molto, molto meglio del fascismo, e muoverle contro equivale a tirarsi la zappa sui piedi. La gente comune lo sa, anche se gli intellettuali lo ignorano. La gente comune si terrà ben stretta l'illusione della democrazia e il concetto occidentale di onestà e decenza" p. 18). 

Quanto alla letteratura nei regimi totalitari, vista soprattutto sul fronte della critica e della massima shakespeariana "Sii sincero con te stesso", nella sua lettura alla BBC (maggio 1941) Orwel afferma: "Viviamo in un'epoca in cui l'individuo autonomo sta cessando di esistere - o forse dovremmo dire un'epoca in cui l'individuo sta cessando di avere l'illusione di essere autonomo". L'affermazione precorre i tempi ed è di estrema attualità, anche nell'ambito della capacità della letteratura, libera e autentica, di resistere al totalitarismo.

Nell'articolo "La libertà del parco" (1945) lo scrittore commenta il caso di alcune persone che vendevano giornali all'ingresso di Hyde Park e che per questo furono arrestate, processate e condannate. Non vi fu una decisa protesta popolare contro questi eventi, ma solo "un piccolo fremito in certi settori della stampa minoritaria". Fatto che Orwell considera un cattivo e inquietante segnale, perché "l'idea che sia rischioso lasciare libertà di espressione a certe idee sta crescendo. Viene accreditata da intellettuali che confondono le acque non facendo distinzione tra opposizione democratica e rivolta aperta, e si rispecchia nell'indifferenza diffusa alla tirannide e all'ingiustizia all'estero". Affermazione, quest'ultima, che non pare affatto scritta oltre ottant'anni fa.

"L'invasione di Marte" (1940) fa riferimento al notissimo sceneggiato radiofonico di Orson Wells, basato su "La guerra dei mondi" di H.G. Wells, sceneggiato che scatenò il panico in oltre un milione di persone, convinte che un'invasione di Marziani si stesse effettivamente realizzando e che la fine del nostro mondo fosse imminente. Un sondaggio realizzato dopo quello strabiliante panico rivelò, scrive Orwell, che "le persone risultate più suggestionabili erano povere, poco istruite e, soprattutto, versavano in condizioni economiche precarie o avevano una vita privata infelice. L'evidente collegamento tra infelicità personale e disponibilità a credere all'incredibile è la sua scoperta più interessante [...]  è precisamente questo stato d'animo ad avere spinto nazioni intere nelle braccia di un Salvatore". Non è difficile, credo, il collegamento di questa osservazione con le attuali numerose fake oggi in circolazione. Un solo esempio viene da quelle sul clima, dai tombini non puliti alle "scie chimiche" agli elefanti di Annibale.

L'ultimo capitolo "Visioni di un futuro totalitario" fu pubblicato originariamente nei "Ricordi della guerra di Spagna", saggio uscito nel 1942. L'autore esordisce constatando che, in guerra, "nessun evento viene mai riportato correttamente sui giornali", ma in Spagna si giunse a diffondere notizie che "non avevano alcuna parentela con i fatti": la versione franchista della guerra "era pura invenzione, e in quelle circostanze non avrebbe potuto essere altrimenti". C'è un esempio emblematico delle "gigantesche piramidi di menzogne erette dalla stampa cattolica e reazionaria ovunque nel mondo: quello della presenza in Spagna di un esercito russo. Questo genere di menzogne, ovunque diffuse, spaventa Orwell perché gli fa temere che "l'idea stessa di verità oggettiva stia scomparendo". E seguita, un paio di pagine dopo: "L'obiettivo implicito di questa linea di pensiero è un mondo da incubo in cui il Capo, o una qualche cricca dominante, controlla non soltanto il futuro, ma anche il passato". Recenti fatti ci fanno temere, così tanti anni dopo, che quell'incubo sia destinato a non scomparire mai. Che fare allora? Orwell constata che contro la manipolazione dei fatti presenti e passati esistono due sole difese: l'una è che, per quanto bistrattata, la verità continua a esistere; l'altra consiste nel fatto che, finché alcune parti del pianeta sono esenti da dittature, sarà possibile "tenere in vita la tradizione liberale". Ma se fascismo e fascismi dovessero ovunque dilagare "entrambe queste condizioni cesseranno di esistere".

La già citata postfazione di Roberta De Monticelli, un vero e proprio saggio breve, approfondisce la visione di Orwell, che "settantacinque anni dopo la sua morte atterra nel nostro presente".

George Orwell, Fascismo e democrazia, RCS 2025


venerdì 24 ottobre 2025

Volevo fare Zorro, di Alex Corlazzoli

Palermo, 13 aprile 1947. Giovanni, molto emozionato e anche un po’ preoccupato, siede al primo banco della chiesa di Santa Teresa alla Kalsa. È il giorno della sua Prima Comunione, un momento importante per cui si è preparato a lungo: un giorno di festa ma anche di impegno, per l’oggi e per il futuro. Tra i doni ricevuti in quell’occasione c’è anche un taccuino sul quale Giovanni potrà annotare fatti degni di essere ricordati, pensieri, riflessioni, piccoli segreti e che da quel giorno porterà sempre con sé, anno dopo anno. Il breve ma coinvolgente taccuino immaginario offre così il racconto della vita di Falcone dall’infanzia fino all’età adulta. Giovanni è uno scolaro bravo nel profitto e coraggioso nel carattere, che si allena a non avere paura e a cavarsela da solo in ogni difficoltà, come faceva Zorro, l’eroe di un romanzo, scoperto tra quelli della biblioteca del suo papà, che gli piace leggere e rileggere. “Vorrei essere anch’io come Zorro per sconfiggere quei ragazzotti che mi prendono in giro; per aiutare mia sorella; per difendere tutti quelli che subiscono un’ingiustizia; per combattere chi fa del male agli altri, chi uccide”, scrive il ragazzino sul taccuino alla fine della quinta elementare.

“Taccuini Immaginari” è una collana dedicata a personalità significative ed esemplari le cui biografie sono narrate in prima persona, come fossero appunti e descrizioni di un diario personale, accompagnati da schizzi e disegni. Se il taccuino è immaginario, i fatti narrati sono reali perché l’autore, Alex Corlazzoli, giornalista e maestro, li ha raccolti in seguito all’esame di documenti, di resoconti di cronaca e di testimonianze. Il taccuino racconta in prima persona la vita di Falcone fino al 22 maggio 1992, giorno precedente la sua morte a Capaci, dove fu ucciso in un ferocissimo attentato di mafia, insieme alla moglie Francesca e agli uomini della scorta.

Nell’Appendice, datata 23 maggio 1992, Cortazzoli racconta ai giovanissimi lettori i fatti di quel sabato, un sabato quasi d’estate in cui perdettero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco di Cillo e Vito Schifani.

Alex Corlazzoli, Volevo fare Zorro, illustrazioni di Giacomo Agnello Modica, Giunti 2025

La recensione si legge per intero su Mangialibri al link: Volevo fare Zorro | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

lunedì 20 ottobre 2025

Giulia e l'anno memorabile, di Eleonora Bellini e Giuseppe Guida

"D'ora in poi scriverò ogni giorno una parola che mi piace" annota Giulia nella prima pagina del diario in cui racconta la sua storia di bambina. Una storia ordinaria e singolare insieme: ordinaria, perché le vicende narrate appartengono alla vita quotidiana di ogni bambino; singolare per la profonda amicizia con ragazzini di altra etnia e cultura e per l'impegno vòlto a costruire un cammino comune di amicizia, di solidarietà e di pace. 

Sulle pagine scorrono i momenti e i pensieri di ogni giorno: lodi o rimproveri delle maestre, sentimenti di amicizia e solidarietà tra bambine, importanza e peso delle parole (quelle belle e quelle sgradite), severità della mamma, dispiacere per quanto racconta il papà reporter di guerra, feste civili e religiose. L'arrivo del nonno, brillante ed empatico artista amante del disegno e della pittura come lei, regalerà a Giulia, oltre a belle esperienze con gli amici, sicurezza e fiducia in se stessa. Poi giunge, verso la metà dell'anno scolastico, un ospite sgradito e inatteso, il virus sconosciuto, il covid19, e porta lunghe giornate da trascorrere in casa, chiusura delle scuole e didattica a distanza, un'esperienza pesante e difficile, ma importante, come tutte, per crescere.

Il libro è ad alta leggibilità: caratteri e impaginazione favoriscono la lettura di tutti.

Età di lettura: dai 9 anni in su.

Temi: amicizia, accoglienza, affetti familiari, rapporti nonni-nipoti, errori a scuola e non solo, conoscenza della propria città e amore per l'arte, feste nazionali e universali, il confinamento per covid19, il valore delle parole, il valore dei ricordi.

Giulia e l'anno memorabiletesto di Eleonora Bellini, illustrazioni di Giuseppe Guida, Edizioni Il Ciliegio 2025

domenica 19 ottobre 2025

Nota critica di Francesco Siciliano Mangone alla poesia "Cose" di Eleonora Bellini


Cose

Case di cose, nudi

oggetti invadono ogni spazio,

arido tra le piastrelle la memoria

e il cielo.


(Signori, fate

i vostri acquisti quotidiani

che il capitalismo sa

bene addomesticare le sue bestie).


Eppure basterebbe qualche affetto

- cuori attenti, mani salde -

a salvarci dalle bufere

e dai venti d'uragano.

© Eleonora Bellini


In questo nostro tempo di penuria, di catastrofi etiche pandemiche ecosistemiche, Eleonora Bellini con la sua poesia Cose, racconta di una catastrofe ancor più drammatica: quella relativa alla perdita/svilimento della soggettività emozionale e del sentirsi critico, ad opera del flusso merci-cose-oggetti.

Sin dall’inizio scrive, “Case di cose, nudi/oggetti invadono ogni/ spazio…” versi forti che rinviano al nostro abitare alienato, “arido”, tipico del nostro sistema consumistico; così che la memoria scivola a ricordare una delle espressioni più pregnanti della modernità, quando definisce la “ricchezza” della nostra società: una “immane raccolta di merci”; destino di voraci consumatori.

E sarà Henri Lefebvre, seguendo questa traccia teorica, a parlare nella sua Critica della vita quotidiana, dell’esercizio dell’inganno perpetrato dal capitalismo, così la poetessa sottolinea: sa “bene addomesticare le/sue bestie”. Per dire: coinvolti nella "fantasmagoria" illusoria della merce veniamo preformati da un tale sistema totalizzante (oggetti/invadono ogni/spazio…), cosicché -mentre veniamo svuotati del nostro vissuto emozionale, costretti al frammento e alla propensione dell’esteriore, alla bellezza senza sostanza- diventiamo noi stessi cose tra le cose; noi: i prodotti della riproduzione di questo sistema quantitativo senza limiti.

Eppure… nella intimità della casa, Lefebvre parlerà del momento (ricorda “la piccola porta” per W. Benjamin) come presa di coscienza individuale, autocoscienza, che disallinea dal continuum alienato della vita quotidiana, per la realizzazione d’un possibile altro, una via di fuga. Da ciò ne verrebbero possibilità di ricostruire nuove e diverse conduzioni dell’esistenza, ripristinando così l'umano di cui siamo portatori, come indicano i versi della terza stanza finale, “Eppure basterebbe qualche affetto/-cuori attenti, mani salde-/a salvarci…”. Partendo, ancora una volta, da un linguaggio (quello del poeta) legato, finalmente, al vissuto concreto del giorno.

Istituendo al di là del terrore del potere, una nuova antropologia.

© Francesco Siciliano Mangone

Immagine dal web