mercoledì 29 ottobre 2014

Un pedigree, di Patrick Modiano

L'infanzia e l'adolescenza di Modiano non fluirono come un fiume tranquillo: la madre, attrice di teatro, condannata a rincorrere ingaggi in scena per non morire di fame; il padre, sempre impegnato in traffici, limpidi o loschi non importa. Ciò che importa è che entrambi ebbero poco tempo per occuparsi del figlio, per amarlo, perfino. L'autobiografia dello scrittore premio Nobel per la letteratura 2014 si snoda nella Parigi dal primo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta, tra miserie e fame, ma anche su uno scena popolata da personaggi del panorama culturale di quel tempo, che sarebbero divenuti illustri, in una capitale colma di dignità e di fervore. Lo stile è scarno, estremamente essenziale, come quello di chi redige una serie di appunti per uso proprio, solo per non dimenticare. E tuttavia il lettore avverte che la scrittura è alta e non desidera abbandonare la lettura se non dopo l'ultima pagina. E anche in quel momento gli piace ritornare su alcuni passi.
"Forse tutta questa gente, incrociata negli anni Sessanta, e che non ho mai più avuto occasione di rivedere, continua a vivere in una specie di mondo parallelo, al riparo dal tempo, con la stessa faccia di allora": è il problema della percezione del tempo dentro di noi ed è anche il problema dell'essenza del tempo.
"Quella primavera del 1966, a Parigi ho notato un cambiamento di atmosfera, una variazione di clima che avevo già sentito a tredici anni nel 1958 poi ancora alla fine della guerra d'Algeria. [...] Uscivamo da un tunnel, ma quale fosse quel tunnel, io non lo so. E questa ventata di freschezza non l'avevamo conosciuta la stagione precedente. Era l'illusione di coloro che hanno vent'anni e che credono ogni volta che il mondo cominci con loro?" Forse. Ma forse erano anche le prime avvisaglie del Sessantotto, dell'immaginazione al potere, di esigenze e verità nuove: una stagione finita troppo presto, forse abortita.
Una lettura da consigliare. Un'occasione per andare oltre la storia personale dello scrittore e per riflettere su quanto peso abbiano nelle vite umane il luogo e il tempo della nascita, gli incontri e gli scontri in esso originati, la predisposizione genetica di fronte al mondo. Quel Caso, insomma, che spesso si rivela benigno. 

Patrck Modiano, Un pedigree, traduzione di Irene Babboni, Einaudi 2014



giovedì 23 ottobre 2014

Il lato oscuro del cuore, di Corrado Augias

Il lato nascosto delle nuvole è quello che vede solo chi vola in alto, con un aereoplano intercontinentale: "Clara continuava ad emozionarsi nel vedere il lato nascosto delle nubi, un privilegio che il genere umano aveva potuto conquistare da non moltissimo tempo..."  Anche il cuore ha un lato nascosto, oscuro. La psicanalisi cerca di vederlo, conoscerlo, svelarlo. Clara, che è una studiosa di storia della psicanalisi, lo sa. I suoi studi l'hanno portata a conoscere le donne che per prime sono state oggetto di studi sia psicanalitici che letterari: la Dora (Ida Bauer) di Freud, la signorina Else di Schnitzler, la giovane Bertha di Breuer. Con queste donne Clara ha trascorso gli anni degli studi universitari e su di loro ancora indaga, in vista di un possibile incarico in un'università statunitense. Tuttavia, un po' per necessità, un po' per curiosità la studiosa si impiega come cassiera nel bar del fratello, luogo nel quale può osservare e conoscere dal vero le persone e la loro vita. Si imbatte così nella storia di Wanda, forse implicata (o forse no) nell'assassinio del marito. E' la storia torbida di una donna sopraffatta dagli eventi fin da giovanissima, sposata ad un uomo inetto e di dubbia onestà, incapace di negarsi alle sopraffazioni maschili. Attraverso le interviste a Wanda, Clara penetra negli oscuri meandri del cuore umano tanto quanto mai le era avvenuto di fare attraverso i suoi pur approfonditi studi sui libri. E' l'occasione per misurarsi con la vita reale e anche per ritrovare se stessa e per ridisegnare il proprio futuro.
Corrado Augias costruisce un romanzo multiforme: vi troviamo le vicende di una famiglia e dei suoi componenti di generazioni diverse; vi troviamo un delitto e l'indagine su di esso; vi troviamo un mondo irredento di piccoli e grandi delinquenti;  vi troviamo soprattutto  documentatissime notazioni sugli albori della psicanalisi e sulla scoperta dell'isteria, sindrome tipicamente femminile; vi troviamo considerazioni sulle sopraffazioni culturali e sociali alle quali il corpo della donna è stato ed è ancora sottoposto.


Corrado Augias, Il lato oscuro del cuore, Einaudi 2014

venerdì 10 ottobre 2014

Dans le café de la jeunesse perdue, di Patrick Modiano

Il romanzo è ambientato nella Parigi mitica dei primi anni Sessanta. Una giovane donna, Louki, al secolo Jacqueline Delanque, è fuggita dalla sua vita precedente, fatta di un marito assicuratore e da una vecchia madre. Ora, in un bistrot del Quartiere Latino, la donna in fuga vive al centro di una rete di relazioni con i clienti abituali. La sua storia è ricostruita a più voci attraverso il racconto di personaggi diversi, uno studente, un détective, la protagonista stessa e un suo vecchio amante. L'organizzazione frammentaria del racconto delinea a perfezione l'indole della "fuggitiva". 
Si delinea il ritratto della donna e si delinea insieme quello della città, effervescente e malinconica insieme, nella quale il futuro è aperto e promettente, e tuttavia vive ancora il ricordo doloroso e tangibile degli anni del collaborazionismo. Accanto a quello del fuga, il tema della storia e della sua incomprensibilità per i viventi è un elemento fondamentale dei romanzi di Modiano, scrittore ebreo francese con antenati italiani, insignito ieri del premio Nobel per la Letteratura 2014 per "l'arte della memoria grazie alla quale ha evocato i destini umani più incomprensibili e svelato il mondo dell' occupazione nazista".

Una citazione che, come un brevissimo lampo, fa luce sulle tematiche del romanzo:
Gli ho chiesto data e luogo di nascita di quella Jacqueline Delanque. E anche la data del matrimonio. Aveva una patente di guida? Un impiego regolare? No. Aveva ancora dei parenti? A Parigi? In provincia? Un libretto di assegni? Mentre mi rispondeva con voce triste, annotavo tutti quei particolari che sono spesso i soli testimoni del passaggio di un essere vivente sulla terra. A condizione che un giorno qualcuno ritrovi il taccuino a spirale su cui sono stati annotati con una scrittura minuta e poco leggibile come la mia”.

Patrick Modiano, Dans le café de la jeunesse perdue, Gallimard 2007; in italiano: Nel caffé della gioventù perduta, Einaudi 2010

martedì 7 ottobre 2014

Storie naturali, di Damiano Malabaila

Queste quindici storie uscirono nel 1966 nella collana "I coralli" delle edizioni Einaudi. L'autore è Primo Levi, del quale erano già usciti per l'editore torinese Se questo è un uomo e La tregua. Qui Levi pubblica con uno pseudonimo perché, come scrisse in una lettera all'editore riportata nel risvolto di copertina, "io sono entrato (inopinatamente) nel mondo dello scrivere con due libri sui campi di concentramento; non sta a me giudicarne il valore, ma erano senza dubbio libri seri, dedicati a un pubblico serio. Proporre a questo pubblico un volume di racconti - scherzo, di trappole morali, magari divertenti, ma distaccate, fredde, non è questa frode in commercio?"
I racconti narrano storie in cui le tecnologie dominano la scena delle città, modificano gli esseri umani, le loro abitudini, la loro percezione del mondo, la loro morale, infine. Ne citiamo due, esemplari. Il primo è Il versificatore. Il versificatore non è un poeta, è una macchina, avverte il rappresentante che ne ha l'esclusiva, tuttavia potrebbe molto essere utile a un poeta impegnato nella redazione, faticosissima, di una poesia d'occasione. La prima prova dà esito abbastanza positivo; la poesia scritta dal versificatore non è geniale, ma commerciabile sì: "in fede mia conosco diversi colleghi che non se la caverebbero meglio", afferma convinto il poeta protagonista della storia. Il secondo racconto si intitola L'ordine a buon mercato e ci narra di un'altra macchina, il Mimete, capace di duplicare tutto in modo tridimensionale. Il protagonista, provandola, ne rimane affascinato e addirittura ammaliato quando, avendo fatto l'esperimento con due ragni, scopre che il Mimete può duplicare esseri viventi. Fortunatamente il rappresentante non lo segue su questa strada e un'amicizia antica si rompe. Un successivo racconto narra a chi non lo avesse compreso quanto possano essere aberranti le applicazioni del Mimete: la macchina, caduta in mano a un certo Gilberto, viene da lui usata per crearsi una seconda moglie, identica alla prima...
Davvero profetiche, queste "favole" ci ammoniscono su quanto pericolosi possano essere gli stravolgimenti generati dal sonno della ragione o dal delirio di onnipotenza che una tecnologia male intesa può generare negli esseri umani. Primo Levi, questo, lo aveva sperimentato nel lager.

Damiano Malabaila (Primo Levi), Storie naturali, Einaudi 1966. Premio Bagutta nel 1967.