sabato 28 marzo 2009

Il bambino senza nome, di Mark Kurzem

Se non vi aspettate uno stile brillante né una traduzione ineccepibile, ma volete scoprire, attraverso un romanzo, un periodo di storia sinora pressoché ignorato, leggete Il bambino senza nome (Piemme, 2009). L'autore narra la storia di suo padre, ebreo russo, fuggito di casa a cinque anni nella notte che precedette l'eccidio di tutti gli ebrei del suo villaggio (Koidanov, in Bielorussia) da parte dei nazisti e delle milizie lituane fiancheggiatrici del nazismo. Il bimbo fu trovato e cresciuto dai militari delle SS - che lo trasformarono in bambino soldato, ignara ed irrequieta mascotte testimone di stragi - e da una famiglia lituana loro fiancheggiatrice. Poi emigrato in Australia, nella piena maturità della sua età adulta il "bambino senza nome" trova la forza di superare il trauma e di raccontare la propria storia: dapprima a frammenti, poi sempre più chiaramente. Inizia così il suo viaggio a ritroso per riscoprire le proprie origini e, soprattutto, per fare la pace con il proprio passato. Il libro, inoltre, al di là del racconto di una vicenda individuale, fa luce su un periodo infausto della storia della Lituania complice del nazismo, poco nota al pubblico dei lettori italiani.
Ed ecco il contenuto del famoso filmato - famoso e breve: poco più di due minuti. Si apre con mio padre che marcia sul prato seguito dagli altri bambini - un piccolo ebreo soldato al comando di un gruppetto di bambini ariani! La voce fuori campo narra in tedesco la storia del "bambino in divisa", il bambino "trovato da un drappello di SS Lettoni, che lo hanno salvato dai pericoli del fronte".

 

domenica 15 marzo 2009

La porta, da Mircea Eliade

"Certi temi della nostra letteratura popolare sono estremamente ricchi dal punto di vista drammatico. Così la porta (elemento dell'architettura tradizionale del villaggio romeno: scolpita in legno, è posta al suo ingresso, n.d.r.) il cui ruolo nella vita del popolo romeno è quella di un'entità magica che veglia sugli atti più importanti dell'esistenza umana. Il primo passaggio sotto la porta equivale quasi a un ingresso nella vita reale, esterna. Essa veglia sul matrimonio, e sotto di essa è solennemente condotto il defunto, verso l'estrema dimora. E', dunque, un ritorno al mondo degli inizi; il ciclo è concluso, e la porta resta nel tempo, con un uomo in meno, a vegliare su altre nascite, altre nozze, altre morti. Si provi a pensare a quale superbo dramma potrebbe svolgersi all'ombra di una porta."
da L'isola di Euthanasius, scritti letterari di Micea Eliade (p. 298)

domenica 8 marzo 2009

Le due ragazze con gli occhi verdi, di Giorgio Montefoschi

"Pietro amava suo nonno. Amava gli occhi celesti, miti, offuscati da un velo acquoreo impercettibile sempre sul punto di disfarsi; le macchie brune sul dorso delle mani e sulle tempie; i capelli grigi, morbidi, accompagnati oltre la fronte dal pettine imbevuto in due gocce d'acqua. Amava il profumo di carta e di libri che si respirava nella sua stanza. Amava la sagoma di legno sulla quale appendeva la giacca prima di infilarsi il golf; la luce bassa del tavolo sul quale campeggiava la fotografia della nonna che non aveva conosciuto; il profumo e il calore del golf; la protezione delle sue braccia" (p. 14).
"- Io ti amo - disse Pietro tra sé e sé. Amava i suoi occhi trasparenti, verdi adesso come le chiome lontane dei pini; il suo profilo, misteriosamente infantile e adulto; la macchia di lucido sulla calza; la piega della gonna in grembo; il profumo del burro di cacao; come aveva detto, chinando il viso: - Lo so -. Quindi, le prese la mano.
- Io - disse - vorrei scrivere un libro bellissimo -.
Lei non replicò.
- Un libro - proseguì da solo, dunque - nel quale ci deve essere tutto -. [...]
- Se in un libro - disse Pietro sciogliendo le dita - uno non ci mette tutto quello che ha dentro, tutto quello che pensa, è inutile farlo...-" (109-110).
Bello, vero, questo romanzo di Montefoschi, nel quale gli eventi si avvicendano mescolati alle più minute azioni quotidiane, consueti e speciali come nella vita, in ogni vita; dove la città, Roma, le sue luci, i suoi colori, i suoi profumi si susseguono nelle stagioni dell'anno e nelle storie dei protagonisti, familiari ed indelebili; dove l'amore può possedere e vivificare, ma anche sconvolgere e perdere. Pietro, il protagonista principale, porta con sé, attraverso tutta la vita, la presenza del suo amore: Laura, una contraddittoria ragazza dagli occhi verdi, ritrovata poi donna e infine perduta. Quando ne conoscerà la figlia, uguale negli occhi e nella voce, stupore e dolore, attrazione e fuga non gli lasceranno scampo.
G. Montefoschi, Le due ragazze con gli occhi verdi, Rizzoli
Grazie a Corrado Augias per avere segnalato il libro nella trasmissione "Le storie"

domenica 1 marzo 2009

da "Carambole", di Hakan Nesser

"Non era un'occupazione spiacevole girare per quell'antica dimora borghese [...] e sfogliare vecchi libri. Si sarebbe preso tutto il tempo necessario: la gotta ereditaria impediva a Krantze, il suo socio, di svolgere qualsiasi lavoro che non potesse essere eseguito da seduti o da sdraiati. Naturalmente prima Krantze si era voluto assicurare che la biblioteca non comprendesse nessuno scritto scientifico del Seicento o del primo Settecento, quel ristretto campo che nell'autunno dell'esistenza era diventato il suo autentico ossigeno vitale (e l'unico, aveva dovuto constatare Van Veeteren)."
Il commissario Van Veeteren è un fortunato personaggio creato dallo scrittore svedese Hakan Nesser. Carambole (Guanda Editore) è il settimo romanzo della serie di cui Van Veeteren è protagonista e vale la pena di leggerlo: all'intreccio della trama e alle storie dei personaggi si uniscono interessanti riflessioni sugli intrecci della vita, le carambole appunto, che determinano incontri e scontri di esseri umani con la stessa indifferente casualità con la quale fanno scivolare le bianche palline sul tappeto verde di un biliardo.
Grazie alla bibliotecaria Debora Casagranda per aver segnalato il libro